CHE LA PARANOIA CI GUIDI !
ovvero come imparare a vedere quello che abbiamo davanti.

Questo testo è stato scritto nel 2010, nel 50° anniversario della pubblicazione de Il Pasto Nudo di William Burroughs, non del suo primo libro, ma di quello più importante. Il filo conduttore del testo è il controllo sulle menti che lo Stato può attuare sugli individui e il conseguente elogio della telepatia quale strumento per sfuggire al controllo e alla censura attuata sulle nostre menti. La telepatia è per Burroughs la comunicazione ineffabile per eccellenza; parte da un trasmettitore, destinata al ricevente, ma impedisce a sguardi altrui di intercettare e vedere il messaggio.

È una staffetta che avviene al buio.

Parliamo di frammenti che viaggiano indisturbati, prima di arrivare al porto che li attende. Sono frammenti da unire, spazi vuoti da riempire, cesure da ricucire. Parlare per parti, o in codice, come il morse, come il codice binario che gestisce la tastira con cui scrivo, per sfuggire alla paura di essere ascoltati da chi non deve, alla paranoia che per una volta, contrariamente a quanto vorremmo, ci convince che non siamo soli. Va da se che se qualcuno parla per pezzi, qualcuno deve raccolglierli, per unirli, e poi capirli. Come per le briciole di pollicino, pezzo dopo pezzo, si devono seguire per tornare a casa. Come si ritrova a fare Oedipa ne L’incanto del lotto 49, nel romanzo più breve di Thomas Pynchon, scritto solo sette anni dopo Il pasto nudo. Oedipa è la protagonista involontaria di una ricerca, di un’indagine. In queste righe stiamo tracciando un ritratto per sommi capi dei detective involontari, e Oedipa, ben vedere, potrebbe essere la madrina di tutti loro. Per una serie di questioni che qui non ci interessano, Oedipa incappa in un sistema postale alternativo a quello statale, alternativo all’ordine costituito dei Thurn und Taxis, dal servizio ufficiale che affonda le sue radici nelle staffette organizzate nella regione bergamasca da Omedio Tassis, alla fine del XIII secolo. Nella sua contrapposizione al potere del servizio legale, il Trystero, questo è il nome del servizio postale, aveva finito per abbracciando di volta in volta la causa controrivoluzionaria, quella anarchica o quella repressiva. In America, verso la metà del XIX secolo, s’era scontrato con il Pony Express e Wells Fargo servendosi di banditi vestiti in nero o mascherati da indiani. I vari personaggi che incontriamo lungo la storia, pagina per pagina, assieme a Oedipa, sono attori che hanno smesso di esercitare, e un DJ radiofonico, ma sono anche molte altre coincidenze a farmi dire che Pynchon, nel libro, s'interroga sui meccanismi che ci consentono di inviarci messaggi senza essere controllati. Il Trystero, il sistema postale alternativo di Pynchon, è un altro nome per dire telepatia. Telepatia è un altro nome per dire comunicazione parallela, destinata a chi la vuol sentire.

Forse Il pasto del lotto 49 è un libro solo, diviso in due volumi, che ci insegna un metodo per parlare senza essere ascoltati da chi non ci interessa, per dire le cose che crediamo senza paura di essere giudicati, come quando siamo all’estero e parliamo in assoluta libertà, senza paura, senza filtro. Forse Il pasto del lotto 49 è un libro che parla della libertà che appartiene a un’opera d’arte propriamente detta. Ci insegna a vedere cos’è un’opera d’arte. Il secondo nome di Trystero è tunnel. Come in un tunnel si tratta di avventurarsi in un’indagine che ci allontana dalla luce del sole, per chiederci di andare a fondo.











Come per i bunker di Paul Virilio, Il nascosto, il sotterraneo. La caverna. I pensatori di buchi sono specializzati nel fare mondi. Da poco ho scoperto che la parola mondo deriva da mundus, dai riti di fondazione etruschi e latini. La costruzione di una nuova città avveniva con la sepoltura di terra e oggetti che i nuovi abitanti portavano dalle loro origini. Un crogiuolo. La matrice del nuovo corpo sociale. Il Mescolamento. Polvere eri e polvere ritornerai, ma per adesso, conta la terra.

( Memento homo qui pulvis eris et in pulverem reverteris )

Prima della terra, prima ancora, conta il segreto che la terra nasconde.

Come davanti alla dream machine di Byron Gysin: bisogna chiudere gli occhi e lasciarsi guidare. Non è facile, come è ovvio che sia, Oedipa, lungo le pagine del libro, deve affrontare l'inquietante dubbio che in effetti il Tristero non sia nulla di ciò che crede, che non esista alcun complotto né organizzazione segreta, e che tutta la faccenda sia un delirio paranoide. La paura più grande di Oedipa è di vivere in un delirio lucido, disturbato dell’ideazione di un mondo parallelo, ne immersa a tal punto da non avere consapevolezza della sua creatività. Leggere è creare, certo, ma fino a un certo punto. Ma torniamo a noi, prima di perderci del tutto. Quando abbiamo davanti una cosa, un corpo muto, siamo chiamati a entrae nel tunnel, chiamatelo anche Trystero se volete, o chiametelo tunnel ermeneutico, se pensare ai filosofi del lago di Costanza vi fa sentire meglio, davanti alla presenza silenziosa di un opera d’arte. È di questo che stiamo parlando alla fine, della relazione tra un corpo e lo sguardo che lo affronta. Certo è la cosa che abbiamo davanti che ci fornisce le leggi con cui guardarla, basta ascoltarne i lineamenti per capirla, o per capire quello che dobbiamo allontanare dal suo mondo. Le cose si fanno complicate se le cose non si fanno vedere, se spariscono, o se si danno solo per cenni minimi, per frammenti ridotti all’osso.

Scrivo questo testo nel mio appartamento al 27 piano, qui nell’upper west, a New York. Solo da quando sono in America capisco il senso di sparizione a stelle e strisce. Qui non c’è stata la controriforma, e tante altre cose.. questo è il nuovo modo, e le regole del mondo in cui viviamo sono queste, e qui si capiscono al volo. Qui il valore della paranoia sociale ha un senso vivo. Per strada non sei nessuno, e questa cosa la senti così forte che sei spinto a non crederci. C’è un filo che ti unisce al resto, e sparire è una tua arma per gestire quel filo. (see How To Disappear in Ameri...) Attualmente Pynchon è invisibile agli occhi del mondo intero, frequenta soltanto Don DeLillo, non ritira i premi e vincola l'editore al riserbo assoluto sulla sua identità. Salinger lo stesso. Si tratta di privacy, ma non solo, le cose non sono così semplici, non siamo ingenui. La lontananza dalle scene raggiunge la dignità di un effetto speciale finalizzato allo spettacolo. C’è stata una mostra al Pompidou che mostrava molto bene questo senso del vuoto.

Il vuoto crea un risucchio che ci spinge allo spettacolo


Il vuoto crea un risucchio che ci spinge allo spettacolo, o, per meglio dire, il vuoto non esiste, l’ha scoperto Cage, che non esiste. Quando ha provato a sentire il silenzio in una camera anecoica, e ha sentito un leggero rumore sordo, ritmato e costante: il battito del suo cuore, il flusso del suo sangue nelle vene. Il vuoto non esiste: il vuoto non esiste, perchè siamo tutti pezzi di un insieme. Lo spazio tra gli elementi è colmato dal collante che li tiene uniti.



La famosa teoria del tutto. Qualcuno ha detto che il XXI sarebbe stato il secolo del collage: aveva ragione.

I pezzi | Il puzzle | Il collage | Colin Rowe osservava che il collage è una tecnica per utilizzare le cose e, simultaneamente, non prestare loro fede.

Prestare fede, come ai francobolli del lotto 49, quello di Pynchon. Il lotto 49 è una raccolta di francobolli molto particolari. Si tratta di falsi autentici, dal valore inestimabile, della collezione del defunto Pierce Inverarity, di cui Oedipa deve seguire le tracce. Una vera opera d’arte riuscita, è un falso autentico. Si relaziona al mondo come un falso autentico. È Parallela. È come un autogrill da cui guardare l’autostrada. Come un motel, che per Focault era l’incarnazione dell’eterotopia, il luogo dove l’utopia avviene. Dove si può incarnare. Questo è un’opera d’arte.

Un falso autentico.


I pezzi | Il puzzle | Il collage

Il riconoscimento di pattern è una sottoarea dell'apprendimento automatico; consiste nell'analisi e nell’identificazione di identificarne la di pattern all'interno di dati grezzi al fine classificazione. Pattern recognition è un romanzo di William Gibson che ha una protagonista femminile, come Oedipa, che si chiama Cayce Pollard. Pattern Recognition è un omaggio, nemmeno trioppo velato, a L’incanto del lotto 49. Qui non si tratta di seguire le tracce di oscuri postini paralleli, ma di una donna che a 32 anni è un’esperta di marketing con spiccate sensibiltà psicologiche verso i brand; così spiccate che a sei anni l’omino Michelin le procurava nausee incontrollabili, a venti la cintura Levi’s le scatena violenti attacchi di panico, a trenta si trova a dover limare accuratamente i bottoni dei jeans.

Rimossa ogni etichetta da ciascun capo di vestiario, (cosa che ha in comune con Maurizio Cattelan – ma questa è un’altra storia - ) Cayce Pollard è diventata una ricercatissima cool hunter, capace di intuire con un solo brivido se il prodotto che ha di fronte conquisterà l’immaginario collettivo oppure no. Pattern recognition vede Cayce alle prese con oscuri filmati immessi sul web, che attirano l’attenzione pubblica, destinata a seguire le tracce per inseguire la soluzione del rebus che costituiscono. Il libro racconta molto bene il nostro desiderio, in quanto uomini, di individuare modelli e significati a cui appellarci, e i rischi nel trovare modelli vuoti. Lo stesso, in modo più radicale, faceva Burroughs con i suoi libri, ed è per questo che siamo partiti da lui. Cayce Pollard ci ricorda come non solo noi umani influenziamo il mondo che ci ospita, ma anche le cose comunicano con noi. Esiste un sistema degli oggetti, e una vita delle forme... Le cose vivono. Lo sa bene. Nella Quinta Parte del suo Discorso, Cartesio sostanzialmente dice che una macchina è indistinguibile da un essere umano se risponde al senso di tutto ciò che le viene detto. Il cogito, il pensiero, è il discrimine per stabilire se una cosa c’è. Se è presente a se stessa. La pensa così anche Alan Touring, che stabilisce un test per scoprire se la persona che abbiamo davanti è viva, o se è un replicante, un robot.



Turing è il discepolo del cogito ergo sum. Come tutti noi. Lui però, viene ucciso da una mela avvelenata, la cosa non può non suonare come vendetta del regno vegetale, che con un attacco al cuore del regno umano dimostra la sua esistenza. Sono una mela, e vi dimostro che anche senza cogito, here I am. Il 3 gennaio del 1889, nel centro di Torino, Nietzsche, vedendo un cocchiere frustare a prendere a calci il suo cavallo, abbracciò l'animale e pianse. Secondo Kundera, e secondo chi scrive, Nietzsche era andato a chiedere perdono al cavallo per Descartes. La sua pazzia, la sua – supposta - separazione dall'umanità, inizia nell'istante in cui piange sul cavallo.


Da una parte abbiamo il pensare, dall’altra il sentire.


La natura è una sfera senza fine il cui centro è ovunque e la cui circonferenza non è in nessun luogo. Lo diceva Pascal, un altro francese, dopo Descartes, ed era la massima preferita da Robert Smithson, che, a ragione, diceva che non c’è nulla di naturale nel museo di storia naturale. Da un lato abbiamo il Touring (club), e l’altro contendente è Touring (Alan). L’esperienza, vale per me, per il cavallo, per il coyote, e perfino per la lepre morta a cui Beuys parlava e spiegava l’arte. Non contava il senso delle parole dello sciamano tedesco al cadavere, ma il brusio della lingua che riempiva lo spazio. Beuys era uno scultore (sociale), la sua voce scolpiva lo spazio per i presenti viventi.




Una spiegazione semplice, che a voi sembrerà soltanto ironica, ma che è la base del pensiero cibernetico. Le cose esistono, non solo perché pensano se stesse. Ecco perché credo nelle arti, credo nell’esperienza di fare esperienza. Turing pensa il pensiero. Gli artisti, anche quelli concettuali, soprattutto loro, non pensano il pensiero, sono mistici piuttosto che razionalisti. Con un salto arrivano dove la logica non può arrivare, il giudizio illogico guida a nuove esperienze. (Sol dixit)


Esperienze.


Non si tratta di rappresentazione o di interpretazione, ma di una fabbrica di realtà. La somma delle esperienze crea la mappa. Mappare un territorio significa crearlo, codificarlo, la mappa, come la moneta, crea. Battere conio, creare valuta, battezzare le cose, dare valore, ecco che il metallo diventa nobile, e l’alchimista tramuta tutto in oro. Dopo non conta più il valore d’uso delle cose, ma il loro valore di scambio. Come un profumo, funziona spostandosi, diffondendosi, solleticando l’attenzione di chi incontra, è in espansione, come l’universo, e non sa dove andrà a finire. Come per un profumo, parliamo dell’esperienza dello spazio. La lepre, il cavallo, il coyote, lo spettatore, il lettore, tutti si muovono con una mappa, come investigatori. Come il geografo sul terreno, il dottore fa sul corpo: vivo o morto che sia, è un’ investigazione fatta su dettagli, su prove. A volte i singoli elementi sono indipendenti tra loro pur continuando ad essere parte di un medesimo insieme; a volte le cose si collegano a prescindere dalle distanze tra loro. In quel caso, siamo davanti a un corpo umano attaccato da un virus. Il paziente, come l’opera davanti ai nostri occhi, non è statico, ma si evolve, ogni scoperta è un nuovo punto di partenza e non un arrivo conclusivo e definitivo.

La parola è un virus (William Borroughs).

Niente è assiomatico, tutto va inteso come dinamico, in corso. Il paragone tra opera d’arte e clinica non è certo dei più felice, ma funziona, e, come se non bastasse, la fortuna di essere un artista è quella di avere a disposizione un curatore. Un curatore nell’accezione del termine che più preferisco, non è solamente un organizzatore di eventi, ma un maieutico , un pedagogo, non un guaritore, ma un enzima, che come la levatrice, lavora per “tirar fuori" contenuti personali. La medicina, l’analisi e la cura, ma prima di tutto l’esperienza.


Come per Sherlock Holmes e Watson, e come per Michihiko Hachiya. Chi oggi legge il diario di Michihiko Hachiya, che comprende i 55 giorni successivi allo scoppio della bomba atomica a Hiroshima, legge un’ opera della letteratura giapponese, precisa, delicata e responsabile. Chi legge il libro riconosce i sintomi dell’esposizione all’arma atomica, la riconosce oggi, nel 2010. Non la riconoscevano (e neanche la conoscevano) Hachiya e i suoi colleghi, che assistevano impotenti allo svolgersi di eventi senza le istruzioni per leggerli, per capirli, per inquadrarli. Il diario di Michihiko Hachiya è il più crudele dei manuali per detective, mostra l’esercizio ermeneutico su un corpo vivo, la forza del paradigma indiziario, e la fatica del rabdomante. Avere mira. Dimenticavo, sapete che l’hobby preferito di William Burroughs era sparare ai cartelli stradali, sparare, si: e per sparare bene serve avere mira.

Serve organizzare e connettere rapporti, non solo degli elementi esistenti, ma soprattutto di quelli a venire, ancora sconosciuti. È uno strumento di controllo dell'evoluzione su come procedere, come aggregare eventi, come trasformare possibilità e forme. Da qualche mese ho un gioco che faccio con gli amici con cui guardo una mostra, dare guidizi sui lavori senza leggere il comunicato stampa. Cartesio was wrong. Le cose esistono anche se non pensano, e ci dicono la lingua con cui parlano. Ecco il mestiere dello spettatore. Non è quello di leggere comunicati stampa, né di ascoltare spiegazioni, ma quello di connettere cose, fare esperienze, dare forma a degli scenari.

Connettere rapporti, non solo degli elementi esistenti, e non solo degli elemnenti visibili. How To Disappear Completely and Never Be Found è un libro scritto da Doug Richmond, e pubblicato nel 1985; una guida su come sparire e iniziare una nuova vita, con una nuova identità. la cosa migliore, sembra essere scomparire assumendo l'identità di una persona morta con caratteristiche simili alle nostre. Le cose sono disperatamente più semplici di come le pone Richmond: già secondo il Manifesto di Marx nel capitalismo moderno “tutto quello che è solido svanisce nell’aria”. Nel 1985 è un’intero museo a sparire, a diventare immateriale* ed è proprio l‘arte a insegnarci come sopravivere all’estetica della sparizione.

Sappiamo anche che gli artisti sono telepati, comunicano come il Trysterio di Pynchon: sono capaci di proiettare fantasmi sopra le cose, sono loro che ci forniscono i modelli per vedere il mondo, le mappe. Gli artisti sono cartografi, consapevoli che conoscendo un territorio lo si crea.: per questo ogni arte è spaziale: per questo l’architecture è sempre d'aujourd' hui. L’uomo non deve girare il mondo con la macchina da presa, ma con un proiettore in mano. Negli anni 80 qui a NCY si facevano i graffiti, tra poco proietteremo immagini , per poco, che svaniscono in fretta come i sogni, in perenne mutamento.


Impariamo a unire le cose, e a proiettarvi dei fantasmi. Il mestiere dello spettatore è quello di connettere cose, fare esperienze, dare forma a degli scenari, in una galleria d’arte come nella notte dove tutte le vacche sono nere, non deve mai temere il vuoto e nemmeno le forme sdrucciolevoli come un pesce, liscie come un Brancusi.

Oedipa, Cayce, Michihiko Hachiya e William Burroughs, con il loro esempio, ci insegnano a non aver paura.


Fine



*Il pompidou prima di svuotarsi nel 2009 si era smaterializzato nel 1985.